di Marco Travaglio - 25 maggio 2009
Sabato 23 maggio, come ogni anno, è andata in scena a Palermo la consueta parata antimafia, una sorta di fiera del tartufo dove una carovana di politici (c’era persino Schifani) e autorità militari, civili e religiose fanno a gara nell’elogiare l’impegno dello Stato, nel promettere di non abbassare la guardia, nel ringraziare i magistrati (quelli morti). Poi, rientrati a Roma, ricominciano come sempre ad attaccare o
insultare o trasferire o disarmare i magistrati (quelli vivi).
Nessuno
degli augusti oratori impegnati a commemorare l’“amico Giovanni” ha
detto una parola sui mandanti occulti ed esterni a Cosa Nostra che
commissionarono le stragi di Capaci e Via d’Amelio nel 1992 e quelle di
Milano, Firenze e Roma nel 1993. Eppure, proprio il giorno prima,
Giovanni Brusca – il pentito ritenuto da tutti credibilissimo quando
parla di se stesso e dei complici che fecero esplodere l’autostrada di
Capaci - ha fatto rivelazioni esplosive nel processo in corso (dunque
ignorato dalla grande stampa) per favoreggiamento mafioso a carico del
generale Mori per la mancata cattura di Provenzano nel 1995. “Riina –
ha detto Brusca - mi fece il nome dell’uomo delle istituzioni col quale
venne avviata, attraverso uomini delle forze dell’ordine, la trattativa
con Cosa nostra” dopo Capaci. Il nome? Brusca s’è avvalso della facoltà
di non rispondere perché sul caso indaga la Procura di Caltanissetta.
Finora Brusca aveva detto di essere arrivato a quel politico, all’epoca
ministro, in base a sue “deduzioni”.Ora invece afferma che glielo disse
Riina, coinvolto direttamente nella trattativa con due ufficiali del
Ros (lo stesso Mori e il capitano De Donno) tramite l’ex sindaco di
Palermo, Vito Ciancimino. Anche a quel politico della Prima Repubblica,
come pure a Mori, sarebbe stato consegnato il famoso “papello” con le
richieste di Cosa Nostra per interrompere le stragi. Ma la rivelazione
di Brusca, ripresa da Corriere e Stampa, è caduta nel più impenetrabile
silenzio della classe politica. Lo stesso silenzio che l’altra sera, a
Matrix su Canale5, ha accolto l’intervento del pm Gaetano Paci su
Vittorio Mangano, lo “stalliere” di casa Berlusconi, definito “eroe”
dal premier e da Dell’Utri: “Mangano era un mafioso sanguinario
condannato per mafia, narcotraffico e omicidio, gli eroi sono Falcone e
Borsellino”. In studio, mentre le telecamere indugiavano sui volti
impietriti di Alessio Vinci, Piero Grasso e Giuseppe Ayala, non una
parola su Mangano &C.. E via con l’antimafia dei film e delle
fiction, quella che non fa nomi di politici. La commissione Antimafia,
presieduta da Pisanu, è ormai un ente inutile e inerte. Chissà se
basterà a ridestarla dal letargo la denuncia del pm Roberto Scarpinato,
che sabato, sul Sole-24ore, ha rivelato come il governo abbia tolto
alle procure la password per accedere ai conti correnti. Impedendo così
il sequestro di enormi capitali mafiosi. Una semplice coincidenza, si
capisce: sono tutti troppo impegnati a celebrare l’”amico Giovanni”.
ORA D’ARIA
Tratto da: l'Unita'