“Quando si decide di raccontare una storia vera, il timore più grande è di tradire i suoi protagonisti”.
Inizia così “Il quarto comandamento”, il libro di Francesca Barra presentato all’incontro-dibattito dedicato a Mario Francese, nella cornice del Festival della legalità. È tramite queste pagine che oggi allo Steri si è ricordato il cronista del Giornale di Sicilia ucciso dalla mafia il 26 gennaio 1979.
Presente all’incontro anche Giulio Francese, primogenito di Mario che parla a lungo di suo padre ma soprattutto parla di suo fratello Giuseppe: “Aveva 12 anni quando è morto mio padre – dice- come lui, tutti noi poi abbiamo convissuto con il tormento. La sua storia è finita in modo tragico ma Giuseppe è vivo, è vivo anche nelle pagine del libro di Francesca Barra, che non è il solito libro della mafia: dentro c’è la storia di una famiglia che ha fatto della dignità un obbligo”. Anche Laura Vaccaro, il magistrato che dopo 20 anni di silenzio ha riaperto l’inchiesta sulla morte di Mario Francese, e ospite dell’incontro, si è unita all’invito fatto ai ragazzi: “Io appartengo alla categoria dei “mentalmente disturbati” come siamo stati definiti- ha detto – ma vi dò un consiglio: leggetelo se potete, non lascia indifferenti, io mi sono commossa”. E dopo aver raccontato qualcosa di Giuseppe, della sua collaborazione preziosa nelle indagini per il processo, ha concluso con un altro appello: “Ragazzi, non abbiamo il diritto di rimanere in silenzio: indignatevi. Non restate zitti, perchè in Sicilia il silenzio diventa complicità”.
Tra gli ospiti poi anche Silvia francese, figlia di Giulio e
nipote di Mario, e Riccardo Arena cronista di giudiziaria del Giornale
di Sicilia: “Ragazzi, spegnete la televisione e il computer e provate a
leggere questo libro che ha avuto la capacità di entrare in una storia,
quella di Palermo, la nostra città che è molto diversa da quella di
oggi. Ma questo libro – ha continuato- è anche la storia di una
famiglia, di un padre che prima di uscire trovava il tempo di pettinare i
suoi figli, la storia di una famiglia amputata”. Infine il ricordo del
suo collega: “Abbiamo perso non un eroe ma un grande giornalista, una
persona che ha fatto il suo dovere fino alla fine. Forse il torto di
Mario è stato proprio quello di ragionare troppo sui fatti. Ci manca
molto”.
Tratto da: livesicilia.it
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