di Alberto Tundo - 28 novembre 2010
Il governo di unità nazionale sta per saltare, Mugabe vuole nuove elezioni e intanto il regime rimette in moto l'apparato repressivo.
In Zimbabwe lo stallo politico è ormai crisi conclamata e la popolazione torna ad avere paura.
Il governo di unità nazionale è a un passo dal crollo e il presidente Robert Mugabe ha di nuovo sciolto la briglia ai suoi sgherri in vista delle prossime elezioni presidenziali che, è quasi sicuro, si terranno nel 2011.
Un governo a pezzi.
E' la resa dei conti, il premier Morgan Tsvangirai ha denunciato Mugabe
all'Alta Corte, per le ripetute violazioni dell'accordo politico alla
base del governo di unità nazionale. Il clima ricorda quello del 2008,
quando Tsvangirai, leader del Movement for Democratic Change
(Mdc), fu sul punto di sconfiggere Mugabe, il quale rovesciò il tavolo e
portò il Paese a un passo dalla guerra civile, che non scoppiò proprio
grazie al patto Mugabe-Tsvangirai per la condivisione
del potere: il primo restò alla presidenza, il secondo andò al governo.
Il programma prevedeva una riforma della Costituzione, per una
transizione soft dopo 30 anni di dominio del vecchio leader e del suo
Zanu Pf. Ma le cose sono andate diversamente. Il
presidente ha progressivamente emarginato il suo premier e la riforma
della Costituzione è diventata qualcosa a metà tra un miraggio e una
barzelletta. I delicati equilibri si sono rotti definitivamente a fine
ottobre, quando Tsvangirai ha accusato Mugabe di aver fatto nomine di
peso senza consultarsi con lui, come previsto dal Global Political Agreement
(Gpa) del 2009; nello specifico, il leader dell'Mdc contestava la
nomina del Procuratore generale di stato, di 10 tra governatori e
senatori, cinque giudici della Corte Suprema e delle alte corti e di sei
ambasciatori, tra i quali quelli presso l'Unione Europea, l'Onu e
soprattutto il Sudafrica, l'unico Paese davvero vicino al regime. Il
premier minaccia di denunciare il presidente e di far uscire il suo
partito dalla coalizione.
L'esercito si prepara. Il comitato parlamentare per la riforma costituzionale ormai è un motore che ha grippato. Mugabe vuole nuove elezioni e le vuole subito,
anche se Tsvangirai ha minacciato di boicottarle, prevedendo che il
regime userà di nuovo il pugno di ferro per pilotarne l'esito. Si voterà
quasi sicuramente nei primi sei mesi dell'anno prossimo. Non sono tanto
le dichiarazioni del vecchio presidente a farlo pensare né le
indiscrezioni filtrate dal palazzo. I segni più eloquenti sono altri e
vengono dall'esercito, da settimane in uno stato di preoccupante
fermento. Domenica 7 novembre, poco meno di 500 militari si sono
radunati in un sobborgo di Masvingo per ribadire la loro fedeltà al
presidente. Il 15 ottobre, poi, nella caserma Cranborne di Harare si è
tenuta una riunione, per decidere come tenere al potere
Mugabe, tra una trentina di generali e nuovi proprietari terrieri neri.
La presenza di questi ultimi in particolare è rivelatrice. Basta vedere
con che tempismo le bande di "veterani" sono tornate a terrorizzare gli
ultimi latifondisti bianchi rimasti nel Paese. Mugabe ha lanciato una
nuova campagna pr la ridistribuzione della terra, per coagulare
consensoe blindare la fedeltà degli alti papaveri dello Zanu, quelli che
si sono arricchiti vergognosamente grazie agli espropri. Mercoledì 17,
infine, l'esercito ha lanciato un programma di reclutamento massiccio.
fa pensare il fatto che l'addestramento intensivo delle nuove reclute
comincerà a gennaio e si concluderà a giugno, proprio quando Mugabe
prevede si terranno le nuove elezioni.Il principale bacino di
reclutamento saranno le milizie giovanili che negli ultimi anni sono
stati strasformati in uno strumento del regime: è da lì che provengono i
picchiatori impiegati per intimidire l'opposizione.
Pubblicità regresso. La Che le elezioni si stiano avvicinando si capisce anche da inquietanti spot
comparsi circa un mese fa, una campagna pubblicitaria, a base di un
patrottismo esasperato e vagamente intimidatorio, il cui slogan è: "Zanu
Pf, una macchina inarrestabile". Quale sia la macchina in questione, i
cittadini lo sanno fin troppo bene. Il nome più temuto è quello di Augustine Chihuri,
il capo della polizia che saprà reprimere e intimidire ogni forma di
dissenso ma anche creare incidenti ad hoc, se necessario. Si è stretta
la morsa anche su quel che rimane della stampa indipendente: l'ultimo
inquietante episodio riguarda Wilf Mbanga, giornalista del The zimbabwean, colpevole di aver condotto un'inchiesta sulla misteriosa morte di Igniatius Mushangwe,
il capo della commissione elettorale che ha seguito le ultime elezioni,
colui che nel 2008 fece filtrare la notizia della vittoria
dell'opposizione. Non solo omicidi e manovre di palazzo, il regime si
blinda anche usando mezzi inediti, come il Grande Fratello africano.
Nell'edizione di quest'anno, il concorrente dello Zimbabwe è arrivato
secondo ma una professione di fede a beneficio del vecchio presidente
gli è valsa un premio in denaro superiore a quello incassato dal
vincitore, 300 mila dollari circa che Mugabe ha fatto raccogliere
attraverso imprenditori a lui vicini e una massiccia campagna a mezzo
stampa, giocando sul patriottismo spinto. A questo Paese che si
riavvicina pericolosamente all'orlo del baratro, l'Unione Europea,
a fine settembre, ha deciso di concedere 138 milioni di euro, come
riconoscimento per i progressi fatti dai partiti che hanno stipulato il
Gpa. Sembra uno scherzo ma non lo è.
Tratto da: it.peacereporter.net
< Prec. | Succ. > |
---|